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"Shiva luce di conoscenza, vince, dimorando nel cuore degli yoghi che è simile a un tempio, colpendo la notte senza fine dell'ignoranza, apparendo alla fine di circostanze favorevoli, bruciando, come per gioco, il desiderio fremente come una farfalla, brillando coi raggi guizzanti della luna, simili a boccioli, posti a ornamento della sua fronte. Ho percorso luoghi resi inaccessibili da vari ostacoli e non ho ottenuto nessun guadagno. Abbandonato l'orgoglio conveniente alla nascita e alla condizione sociale, ho servito i ricchi, come le cornacchie mi sono nutrito in casa d'altri, privo di orgoglio e in attesa di guadagno. Oh! desiderio che suggerisci azioni malvagie e non sei ancora soddisfatto. Ho scavato la superficie della terra, ho fuso i metalli delle rocce, ho attraversato l'oceano, ho ossequiato diligentemente i re, ho trascorso notti al cimitero colla mente dedita ai mantra e all'adorazione ma non ho ottenuto neppure una conchiglia bucata. Oh! Desiderio possa tu essere soddisfatto! Abbiamo in qualche modo dovuto sopportare discussioni meschine a causa di questa attività servile presso i malvagi, frenando le lacrime, presi in giro da menti vuote, facendo l'anjali a gente istupidita dall'inattività per le troppe ricchezze. E tu, desiderio la cui brama rimane insaziata, per quale altra follia mi fai danzare?" Sono queste le prime quattro strofe dei cento versi della rinuncia di Bhartrhari, il "Vairagya-shatakam, opera molto famosa in India, quasi sconosciuta in Italia.